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martedì 19 settembre 2017

" TRENO "

I.

È buio e la città non si vede ancora,
ma in mezzo alla pineta,
lontano, contro il nero fitto del monte,
risplende una rimessa spalancata.
Più in là, nella campagna
si accendono tre, quattro luci
a scatti, come su un quadrante.

In curva ora il treno si inclina piano
sotto le prime case. Ai finestrini
nell’odore di mare
passano armadi, tovaglie, televisori.

Apparecchiano, al terzo. A pianterreno
vanno a prendere un piatto e li vedi fermi.

II.

Mentre le stanze passando
e se ne vanno, viene
come una spina dentro,
come un’invidia.
Ci si sente mancare,
in queste scene.
Si è come tenuti fuori.

Ma in fondo poi
vedere come tutto
procede bene
anche senza di noi,
fa quasi ridere.

E si diventa liberi, leggeri:
non si è più lì, si ragiona
come già morti, come
mai nati. Insieme a tutti gli spiriti,
da una distanza senza misure,
si reggono negli occhi
cose e persone.

Eppure questo,
questo che tutti vedono
là, nei soggiorni
e nelle camere, non smette di mancare:
essere così chiari
senza saperlo,
stare soprappensiero
un attimo, nel pieno dell’attenzione.

III.

E finalmente sembra di capire:
essere gli altri, questo si vuole.
Gli altri: per sempre salvi, luce di cinema
in uno sguardo buono.
Essere gli altri a casa,
in varie case: trovarsi lì come un quadro,
o il freddo dei vetri, il clac dell’ascensore
quando si ferma al piano. Essere al mondo
come son al bar due clienti.
Stare come di sera
fuori dalle cucine
nuvole e muri.

Essere via,
là, dove niente può succedere.
Diventare questo: c’è gente.

IV.

Ma come si esce di qui?
Che cosa si può salvare
da questo sguardo?

Passato il ponte,
passate le ultime case,
c’è ancora mondo.

E in cima a questi monti
o in fondo ai campi, oltre i binari, sul fiume
e al largo, in alto mare,
ancora mondo. Anche lì
le cose sono vere.

Ecco: le cose.
Dove tutto si perde e manca,
rimangono. Si lasciano
ascoltare e vedere.
Sono vere, le cose, e saranno vere:
per questa promessa anche ora,
nascoste nel loro buio,
anche in corsa,
ti sembrano care e buone.

Le guardi e pensi: niente
dura così.
Niente. Se non, guardando,
questa paura
che ogni volta ritorna
a non capire
là fuori, a che cosa tiene davvero,
cosa vuole da noi, la verità.


 ( Umberto Fiori )

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